Dal basket al business. Da settembre l’esperienza e la grinta dell’ex capitano della Nazionale renderanno ancora più utile e interessante il nostro magazine.
Per gli imprenditori che vogliono “giocarsela ad armi pari con il cambiamento”, stiamo preparando una serie di articoli ricchi di riflessioni, indicazioni e consigli per fare business con il giusto... Mordente!
Il Mordente giocatore non ha bisogno di presentazioni. Se invece volete iniziare a conoscere il Mordente motivatore e business coach, il punto di partenza ideale è il suo sito.
Vengono presentati l’approccio e gli strumenti che Marco Mordente mette a disposizione di grandi e piccole organizzazioni deteminate ad affrontare il match del cambiamento con la grinta e l’attitudine che questa sfida richiede.
Si scrive “crisi”, si legge “scelta”. La vita e la carriera di Marco Mordente raccontano una storia fatta non solo di medaglie, ma anche di cadute e continue metamorfosi.
“Se si trova un ostacolo lo si può superare, sempre, con le nostre scelte. Ogni momento di difficoltà si supera con una decisione.”
È questa la prima cosa che Marco Mordente, oggi Inspirational Speaker, Guest Expert per Eurosport e Business Team Coach, dice alle sua platee, ogni volta che inizia a parlare.
“Sono alto 1,90, sono sempre stato uno dei più bassi della mia squadra. Se sono riuscito a emergere, nonostante doti fisiche e tecniche non eccezionali, è stato grazie alle mie scelte.”
Si racconta così Marco Mordente. Anziché parlare dei suoi numerosi successi, preferisce concentrarsi sui fallimenti, o su quelli che potevano diventare tali se a un certo punto non fosse stato lui, con la sua determinazione “e con l’aiuto della squadra”, a imporre un cambio di direzione.
Siamo stati tutti incollati allo schermo a guardare gli europei di calcio. Lo sport è ricco di metafore utili per affrontare la vita personale e professionale. Quanto possiamo imparare dalla Nazionale campione d’Europa?
“Molto. Roberto Mancini e il suo gruppo di giocatori ci hanno regalato grandi emozioni. Ma guarderei anche oltre la Nazionale più famosa.
Un’altra grande lezione arriva dalla Nazionale di pallacanestro, che il 4 luglio si è qualificata per le Olimpiadi di Tokyo vincendo in Serbia contro i vice campioni del mondo e olimpici, sul loro campo. Un risultato storico, ottenuto con un gruppo più giovane e meno conosciuto rispetto a quelli che avevamo visto negli ultimi anni. Il segreto di questa vittoria? Un grandissimo affiatamento, un atteggiamento univoco, il rispetto dei ruoli di chi era in campo e chi era fuori e la capacità di condividere le responsabilità. Bastava dare uno sguardo alla panchina per capire che gli italiani avevano uno scopo: e lo scopo era quello di raggiungere un sogno. Per l’altra squadra invece, semplicemente, andare alle Olimpiadi.”
A volte i sogni si avverano, se c’è la giusta motivazione?
“Sì, se la tua motivazione è alimentata dal sogno riesci a dare qualcosa di più. Quel qualcosa in più sono l’impegno e la determinazione costanti che portano al risultato. La mia storia racconta proprio questo: e quello che ho visto in questa Nazionale è ciò su cui ho sempre puntato per costruire la mia carriera.
Come giocatore ero alto 1,90, non ero molto dotato fisicamente ma ho sviluppato altri talenti, come lavorare nel team, avere uno scopo più alto, riuscire a rispettare i ruoli, accettando di essere a volte un follower, prendendomi l’onere di fare il leader quando toccava a me, apprendendo il valore del cambiamento. Mi sono sempre messo in una situazione in cui avevo voglia di scoprire o di cambiare.”
Ci sono dei momenti topici che segnano queste fasi di cambiamento? Quali sono state le tue personali “crisi”?
“Ce ne sono tre. A 15 anni, mi sono trasferito senza la mia famiglia dall’Abruzzo al Veneto e ho giocato nel miglior settore giovanile italiano. Avevo una stanza condivisa con un compagno di squadra, andavo alla scuola pubblica, avevo un forte accordo con la famiglia che la scuola fosse la priorità e dovevo gestire il mio tempo e le energie in autonomia. Ho imparato da subito e programmavo il momento in cui staccavo dallo studio e iniziavo l’allenamento, contingentando le ore in maniera maniacale. Non c’erano uscite, non c’erano genitori con cui fare due chiacchiere a cena. È una scelta che ha richiesto tutto il mio coraggio e mi ha consentito di migliorare assecondando quello che era un mio desiderio incrollabile.
Devo ringraziare i miei genitori per avermi dato fiducia e consentito di seguire il mio sogno. Li sentivo presenti anche quando erano lontani, ma non ingombranti perché decidevo da me. E ho potuto mettermi alla prova: ho scoperto che avevo molte più energie di notte che di giorno, e mi sono regolato di conseguenza. Se fossi stato nel nido non lo avrei saputo.”
Vivere da soli a 15 anni può essere difficile. Ma insegna a prendere decisioni. Però le crisi arrivano anche in età adulta…
“Eccome. A 24 anni, ero professionista da 5 anni, è arrivata quella che considero la mia prima vera crisi, dettata da una stagione difficile e da un momento di scarsa fiducia in me stesso. Volevo smettere di giocare. Era il 2002 e fino a fine stagione, giugno 2003, mi sono trascinato in campo: giocavo male, stavo male. Dopo 4 mesi, mi hanno trasferito senza che io potessi decidere: mi trovavo in un contesto migliore ma partita dopo partita giocavo sempre meno. Ho anche perso l’occasione di far parte della Nazionale che avrebbe vinto due medaglie. Sono state settimane difficili, stavo mollando. E poi ancora: la scelta.
Ne sono uscito grazie alla mia forza di volontà ma soprattutto grazie alle persone che avevo intorno, all’allenatore che mi ha messo in difficoltà in chiave positiva spingendomi a sfidarmi, grazie allo sport di squadra che è come un ombrello che ti protegge anche se stai giocando male.”
Dal basket al business. Da settembre l’esperienza e la grinta dell’ex capitano della Nazionale renderanno ancora più utile e interessante il nostro magazine.
Per gli imprenditori che vogliono “giocarsela ad armi pari con il cambiamento”, stiamo preparando una serie di articoli ricchi di riflessioni, indicazioni e consigli per fare business con il giusto... Mordente!
Il Mordente giocatore non ha bisogno di presentazioni. Se invece volete iniziare a conoscere il Mordente motivatore e business coach, il punto di partenza ideale è il suo sito.
Vengono presentati l’approccio e gli strumenti che Marco Mordente mette a disposizione di grandi e piccole organizzazioni deteminate ad affrontare il match del cambiamento con la grinta e l’attitudine che questa sfida richiede.
Ecco i link agli altri contributi di Marco Mordente per THATS.BUSINESS:
• Kaizen e Kaikaku dallo sport all’azienda: miglioramento continuo o innovazione dirompente?
• Senza squadra non c’è impresa: il valore del team e come costruirlo
• Carismatico, empatico… vulnerabile: fenomenologia di un leader
Nella tua vita hai dovuto sopportare anche crisi personali...
“A 32 anni, nel 2011, e nel momento più alto della mia carriera, è nato mio figlio, con gravi problemi di salute. È stato il momento più stravolgente di tutti: si è rotto ogni equilibrio dentro e fuori dal campo e si è completamente spostato il baricentro della mia vita. Il 2011 è stato l’ultimo anno da capitano della Nazionale. E anche in questo frangente è stata la “squadra” a tirarmi fuori: il 19 agosto 2012 sono passato ufficialmente alla Juvecaserta, una realtà dove sia allenatori, sia compagni, sia la dirigenza e in parte anche tutta la città, mi hanno dato la forza per superare la crisi. Ho passato intere settimane ricoverato con mio figlio al Bambin Gesù, ma tutto andava bene perché mi sentivo supportato e accolto.”
Posso chiederti come sta tuo figlio?
“Sta bene. È un bambino sereno e lo lasciamo vivere e sperimentare come merita la sua età. Gli abbiamo regalato una sorellina, che oggi ha 7 anni. E chissà che a 15 anni, ormai manca poco, mio figlio non mi chieda di andare a vivere da solo come ho fatto io per inseguire il mio sogno.”
Da Teramo, a Treviso a Caserta: a quale città sei più legato?
“Impossibile fare una classifica. Il mio cuore è abruzzese, là sono nato e ho trascorso la mia infanzia; ma la vita è a Treviso, dove abito con la mia compagna e i miei bambini. A Caserta ho lasciato un pezzo di anima e molto ho preso, come da ogni luogo dove sono stato.”
Oggi chi è Marco Mordente?
“Mi piace descrivermi come uno che ha realizzato il suo sogno: diventare un giocatore di basket professionista e vincere uno scudetto. Ho puntato su talenti che tutti possiedono e che tutti possono alimentare: la motivazione, il coraggio, l’antifragilità, la disciplina e soprattutto la passione. Nel mio caso per il basket, per raggiungere e realizzare quel sogno.
Tutto questo mi ha lasciato in dote uno Scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, tre Europei con la Nazionale e un Mondiale, di cui due come capitano. Ho sempre accolto il cambiamento, rifiutandomi di subirlo.”
E questo patrimonio di esperienza e conoscenza a chi vuoi lasciarlo?
“Ai miei figli, senza dubbio. Ma anche al mondo intero.
Oggi lavoro ancora con le squadre, non più sul campo da basket ma negli uffici e nelle fabbriche. Insegno loro come interagire e comunicare, cosa mettere a fattor comune per andare a canestro e come accettare la panchina. Soprattutto insegno ad allenare e nutrire le doti da cui nascono i risultati più incredibili e inaspettati.
Spesso nelle organizzazioni il cambiamento è visto come qualcosa di spaventoso, perché rompe regole costituite e abitudini che sembrano necessarie: con questo atteggiamento il rischio è che il cambiamento ci travolga.
Invece bisogna prepararsi e affrontarlo ad armi pari. Può apparire una regola di senso comune, ma migliora le cose, in campo e nella vita.”
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